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PEC per imprese individuali da giugno

Con il decreto Crescita è stato esteso anche alle imprese individuali l'obbligo di una casella di posta elettronica certificata da comunicare al registro delle imprese in fase di iscrizione.

Icona pec posta certificata

La PEC nel decreto crescita

Lo stesso decreto prevedeva la necessità di attivare una casella di posta elettronica certificate anche per tutte le aziende attive alla data di entrata in vigore del decreto entro la fine del 2013. Così, come per tutte le società, anche per le imprese individuali diventava obbligatorio l'indicazione in visura di un domicilio certificato elettronico per le comunicazioni, per agevolare lo scambio di comunicazioni ufficiali parificate alle raccomandate postali.

La PEC dopo il maxi emendamento

Con il maxi emendamento al decreto crescita 2.0, già approvato al Senato, il termine obbligatorio per la creazione di una casella di posta elettronica certificata per tutte le imprese individuali entrerà in vigore dal prossimo 30/06/2013 (il decreto crescita è in fase di conversione in questa nuova fase di crisi di governo). Anticipato di 6 mesi il termine originario, proroghe permettendo.

Per le imprese che, non si adegueranno sono previste sanzioni che vanno da 103 euro a 1.032 euro, ridotte ad un terzo per le imprese che si adeguano entro 30 giorni dalla scadenza. Per le imprese di nuova costituzione, la Camera di Commercio provvederà a sospendere per tre mesi il completamento della pratica in attesa della comunicazione della Pec dell'impresa individuale.

Un nuovo passo verso l'INI PEC

Con l'introduzione della Pec anche per le imprese individuali si amplia il discorso di creazione di un indice unico delle PEC denominato Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata” (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti presso il Ministero per lo Sviluppo economico che consentirà alle pubbliche amministrazioni, ai professionisti, alle imprese, ai gestori di pubblici sevizi e a tutti i cittadini tramite il sito WEB, senza necessità di autenticazione di accedere alle caselle di posta elettronica certificate di tutte le imprese italiane.

La Riforma Fornero, legge 28 giugno 2012, n. 92, ha modificato molti aspetti del mercato del lavoro incidendo anche sulle collaborazioni a progetto, delimitandone l'utilizzo.

Le disposizioni in materia di collaborazioni a progetto saranno applicate per i contratti a progetto instaurati a partire dal 18 luglio 2012. Per meglio definire la portata delle nuove previsioni legislative il Ministero del lavoro ha riepilogato la nuova disciplina delle collaborazioni a progetto in una circolare indirizzata a tutto il personale ispettivo.

Le collaborazioni a progetto dopo la riforma fornero

La circolare analizza i vari punti della collaborazione a progetto introdotta dalla riforma Biagi e modificata ultimamente dalla riforma Fornero.

I Requisiti della collaborazione a progetto

Il progetto deve essere “specifico”, descritto con sufficiente precisione e deve mirare ad un risultato finale da conseguire per realizzare uno specifico obiettivo del committente.

Progetto diverso dall’oggetto sociale del committente

Secondo le disposizioni della nuova circolare, il progetto può rientrare nel core business dell'azienda ma deve essere verificabile l'autonomia e gli obiettivi che si intende perseguire. Classico esempio un progetto di un azienda informatica per la realizzazione di un software con particolari caratteristiche. In fase di contenzioso possono comunque sollevarsi dubbi sulla natura subordinata della prestazione.

Prestazioni del progetto meramente esecutive ed elementari

Una compito meramente ripetitivo o elementare esclude l'autonomia del collaboratore tenuto a muoversi in base alle direttive del committente. La genuinità della collaborazione a progetto presuppone autonomia, anche operativa, nello svolgimento dei compiti che gli sono stati assegnati e che sono funzionali alla realizzazione del progetto. Ad ogni modo, l’elenco delle attività meramente esecutive e/o ripetitive può essere definito da parte dei contratti collettivi anche se, per esplicita indicazione del ministero, tale circostanza non condiziona l’applicabilità della presunzione che si tratti di lavoro subordinato a tutti gli effetti.

Attività incompatibili con le collaborazioni a progetto

La circolare ha fornito un elenco (non esaustivo) delle attività che saranno ritenute a priori inquadrabili come lavoro subordinato e pertanto esclude dalle collaborazioni a progetto:

  • addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici;
  • addetti alle agenzie ippiche;
  • addetti alle pulizie;
  • autisti e autotrasportatori;
  • baristi e camerieri;
  • commessi e addetti alle vendite;
  • custodi e portieri;
  • estetiste e parrucchieri;
  • facchini;
  • istruttori di autoscuola;
  • letturisti di contatori;
  • magazzinieri;
  • manutentori;
  • muratori e qualifiche operaie dell'edilizia;
  • piloti e assistenti di volo;
  • prestatori di manodopera del settore agricolo;
  • addetti alle attività di segreteria e terminalisti;
  • addetti alla somministrazione di cibi o bevande;
  • prestazioni rese nell'ambito di call center per servizi cosiddetti inbound.

Aspetti sanzionatori: conversione automatica

La circolare precisa che in caso di mancata individuazione del progetto opererà l'automatica conversione della collaborazione a progetto in lavoro subordinato.

Nel caso in cui la prestazione del lavoratore a progetto sia svolta con modalità analoghe a quelle dei lavoratori subordinati impiegati nell’impresa si ha una presunzione di subordinazione. Spetterà al committente a fornire la prova contraria.

Qui di seguito il testo della circolare del ministero del lavoro sulle collaborazioni a progetto dopo la riforma Fornero

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